Montefalcione, 01 Settembre 2015
Km percorsi: 0
No! Cosa sono adesso non lo so,
Sono solo, solo il suono del mio passo
Pfm – “Impressioni di Settembre”
Scena 1
Torino. Caldo micidiale, fine agosto, odore di benzina e pneumatico. Di tubo di scappamento.
Ad un tiro da Mirafiori, gronda atmosfera da boom economico e parla di migrazione e lotte sindacali.
E sa di Calabria e 500. Di Sardegna, Lambretta, foulard in testa. Alla fine dei conti, la città più Sud-Italia del Nord.
Appoggiato ad un albero, ai bordi di una stazione di servizio, al lato di una rotonda che pare un campo da calcio, con il braccio sullo zaino, sembro un soldato in una vecchia foto di trincea.
Per rendere il tutto più drammatico, inizio a fumare per la gioia degli sguardi vitrei da sardine in scatola che mi piovono addosso dalle macchine in corsa. Una si ferma, Alessio. Il viaggio per me è già iniziato.
Scena 2
È la voce di Leo a rompere il silenzio della corte, assolata nel pomeriggio. Ancora di più, gli occhi di Angela. Per riposizionarsi e per dare la giusta prospettiva. Montefalcione. Avellino come Messico.
Casa loro, mamma e fratello di Ivan, e casa nostra per stanotte, tappa prima della partenza, prima di Matera.
Angela ci offre una bevuta sotto il glicine e sorride. Il muro scottato é ricoperto di piccole ombre. Lei sorride soddisfatta, materna, con questi sei figli partiti e ora tornati. In un angolo una piccola palma, a terra la coda di Macchia e il naso bagnato di Nero, che non perde un colpo. A cena, un piatto di pasta che potrei nuotarci dentro e poi: “Vengono da tutto il sud per vedere i fuochi. Vedrete che spettacolo”.
Che il paese sia uno solo, lo so. E lo difendo pure, ma ogni tanto è proprio difficile da comprendere il come, sia uno solo. Ha una testa, una pancia e dei piedi a reggere il tutto, e capita spesso di non capire bene a chi, tocca fare che cosa. Soprattutto dove. L’unica certezza, sta in un sistema sanguigno che lavora bene, per mettere in circolo lingue e dialetti. Facce e parlate diverse. Esperienze. Tradizioni.
E questo forse, è alla fine, quanto basta, senza troppe domande. Senza retorica.
Di mio, invecchio mettendoci tutto il coraggio, l’onestà di cui sono capace. Mi sento legittimato a dire che a più di mille km da dove sono nato, mi sento a casa. Come a Torino. Angela e Leo li ho visti due volte in vita mia ma potrebbero essere mia madre e mio fratello. I loro saluti sono come benedizioni per il viaggio che inizierò domani.
Che inizieremo come viandanti, io, Ilaria, Ivan, Gioia, Maurizio e Stefania. Dieci giorni di musica in cammino, ogni sera un concerto per strada, per sentirci parte di tutto questo scorrere e mischiarsi. Per portare in dono la nostra piccola parte. La nostra identità a tratti confusa e sovrapposta. Le fotografia di Ilaria, la musica di Ivan e Maurizio, i disegni di Gioia, le mie parole per chi le vorrà.
Le nostre lingue scivolano sul piemontese, il toscano e il campano, ma sono più che certo che parleremo la stessa lingua di tutti, in terra lucana.