| Morale uno, due e tre! |

La Storta, sabato 21 giugno 2014
I tappa: Roma-la Storta, 20 km

 

Maria, ha due occhi che
parlano per lei,
mi guarda e mi dice che non va
se fosse proprio vero,
io non so cosa darei,
per rubarle tutto il tempo che non ha.

Gianmaria Testa – “Maria”

 

Sono un pirla. Lo ufficializzo. Ho dimenticato un pezzo importante a casa -che
sorpresa- la credenziale del pellegrino. Funziona così: é previsto un circuito
di diocesi e confraternite che per i pellegrinaggi rilasciano una sorta di
carta d identità del camminante che lo attesta come tale per poter ricevere
ospitalità. Ha un senso anche solo nell’ottica del prevenire il facile assalto
di turisti scrocconi, problema più che concreto ad oggi purtroppo.

In genere si tratta di conventi,parrocchie, ma anche di strutture laiche, che
partecipano e aiutano chi affronta questo tipo di viaggio. Ben inteso, é buon
uso lasciare un’offerta, che non sia di tre cent, please, ed é ormai quasi
sempre prevista una vera e propria tariffa fissa per giaciglio e doccia. É
importante quindi averla con sé per ogni evenienza, soprattutto se, come nel
mio caso si dorma alla belle etòile per i tre quarti del viaggio, senza acqua
corrente e corrente elettrica.

La Storta, periferia nord di Roma, prima tappa e primi 22 km, non offre grandi
soluzioni, né ostelli né alberghi, tanto meno macchia selvatica dove tirare l’
amaca e sonnecchiare qualche ora. Il convento delle suore, pare un buon riparo.
Una sorridente e rotondetta madre mi accoglie. Posto c’è n’é? Certo, più di quaranta
posti, dieci euro. Mi pare onesto ci mancherebbe. Purtroppo madre, ho fatto sta
belinata e ho scordato la credenziale che mi sto facendo rispedire a casa di un
amico a quattro giorni di cammino da qua, a Vetralla. Ah. E allora nada. E mi
fa la morale sul quanto si debba partire organizzati. Ma come nada?
Evidentemente non le é mai capitato di fare uno sbaglio. La prego su, non mi
faccia dormire per strada, non c’é nemmeno un albergo, posso anche solo tirare
l’amaca in giardino qualche ora e ripartire. “Faccio proprio fatica a
dirti di si, figliolo” E allora? Allora quella é la porta. Prova in
parrocchia e dio ti benedica.

Il padre sta per iniziare la messa, mi dice di seguirla che dopo vediamo. Ok,
seguo tutto quello che vuole, muovo la bocca e sparo anche dei sonori amen per
farmi vedere preparato, purtroppo non sono cattolico e pratico poco le
liturgie, ma sono solo in cerca di un po’ di carità cristiana in cambio di una
buona offerta alla diocesi, si capisce. Non credo che qualcuno lassù si stranirá
per così poco, dai. Non rientra manco nei peccati capitali o nei dieci
comandamenti…E penso pure a tutta la gente sconosciuta che ho ospitato a mia
volta. Ma purtroppo non c’é posto per me. Ma come? Tutta questa collina é
vostra! Sono quattro edifici! Quella è la porta e che dio ti benedica.

Va bene, terga mia, preparatevi al sagrato e al freddino dell’alba, concludo.
Però un bicchierino di rosso me lo merito, sono spossato e stanco.

Maria gestisce con il marito una piccola vineria proprio di fronte la chiesa,
lungo la via Cassia. Si presenta subito, in maniera spiccia e cordiale.
“Maria” dice, “Pietro” rispondo. Molto biblico conveniamo,
e iniziamo a parlare. Gli occhi sono verdi come le nocciole acerbe, vivaci e
buoni. É una donna sulla quarantina, bella, con un petto importante e i fianchi
dolci, arrotondati da due parti. Le bambine dentro, giocano a fare la ruota
mentre un proiettore manda un Ghana tutto istinto che castiga l’efficiente
Germania per 2 a 1. Loro tifano Ghana e questo già me li rende simpatici,
accomunati da una voglia di rivalsa antimperialista, anche se davvero ne
capisco molto poco di calcio, si sa. E forza Ghana allora. Il compagno di Maria
canta “figli di Annibale” degli Almamegretta. Erano vent’anni che non
la sentivo e mi sa che siamo in due a conoscerla, africaafricaafrica
Africa-aaaa!

Maria si lamenta e si lamenta come tutti. Ha sempre lavorato nei locali e poi
ha deciso di mettersi in proprio. Ha appena allargato il suo, e poi chissà. Lei
,i fornitori li paga tutti non lascia “buffi”. Tasse e prebende
varie, non parliamone nemmeno, uno stillicidio e quello che avanza basta giusto
giusto per campare, Ma sorride. É la sua vita e va bene così. Ama il suo lavoro
e la sua famiglia si vede. Le dico che io me ne sto andando dall’Italia, che
sono nauseato e stanco. Lei ha le bambine, il compagno, la vineria, le sue
abitudini. E poi se ce ne andiamo tutti, qui non ci rimane più nessuno. E
sorride.

Ma quindi che si può fare qui?

Essere onesti, retti e generosi -anche con gli sconosciuti- per esempio, e non
é cosa da poco. É una battaglia e cambierà il paese. E poi armarsi di pazienza
e fiducia. Annuisco.

E infatti :“Quanto ti devo per il Marzamino? ” mentre carico lo zaino
e recupero il bastone.

“Lo offre la casa, é di buon augurio per il tuo viaggio” e sorride.

Ora. Io non me ne intendo di santità, ma non mi pare che Maria aneli a tanto,
anzi. Forse manco per sbaglio.

Ho avuto altre letture. Errico Malatesta: ordine naturale, armonia dei bisogni
e degl’interessi di tutti, libertà completa nella completa solidarietà.

Io non faccio parte del sottogruppo che é comunità cattolica, é vero, ma sono
parte insieme a Maria, di quello molto più ampio che é quello dell’ umanità
nata libera e fornita di libero arbitrio, e al momento Maria, in fatto di
ospitalità e compassione, se la vince con un secco uno a zero

Il bicchiere -offerto- mi ha rincuorato e fatto affrontare più fiducioso la
nottata dura e scomoda. Grazie, davvero grazie.

(Morale: sbaglierò, ma io continuerò a versare il mio otto per mille allo Stato
italiano sperando che un pezzetto aiuti la conservazione dei beni culturali
anche se, a quanto pare, questi continuano a confondere i muri di Pompei con
quello di Berlino.

Vediamo se a fine viaggio, mi sarà capitato di cambiare idea)