| Menta e cioccolato |

Recco, lunedì 04 agosto 2014
XXVII Tappa: Rapallo – Genova 30 km

Il ragazzino avrà si e no 10 anni. É nero come il carbone, stanco, sudato,
ricoperto di collanine.
Vorrebbe che la barista gli regalasse un gelato. Costo dell’operazione: euro 1
e 50.
È certo che il bar non il mio e non sono un esperto del tentacolare mercato dei
dessert freddi. Si sa. Quindi non giudico. È altresì certo che non sono San
Francesco, non gli somiglio nemmeno, e mai ho anelato alla santità. Nè qui, nè
dopo.
E per inciso mi ha anche sempre dato il voltastomaco il buonismo alla Dylan Dog
del tipo “i veri mostri siamo noi” etc etc…
Anzi, appello: ma smettila per dio che noia! Sono 25 anni che ce lo fai a fette
con sta storia, moralista che non sei altro.
“Prendi il gelato va là, lo pago io” che intanto sto prendendo una
tazza di the. Non c’è molto da rifletterci su. Dai.
Bambino-gelato-soldi-gelato-bambino.
Lui però lo vuole solo menta e la barista da subito, con modo sgarbato, gli
dice che c’e solo menta- cioccolato, insieme. “Ma perché questi modi? mi
chiedo “lo avrai pagato il tuo cazzo di gelato, devi solo metterci un
sorriso, ora” penso.
Il ragazzino non parla una parola di italiano provo a spiegarglielo e gli dico,
“ragazzo mio ti devi accontentare sennò il gelato salta mi sa” e gli
mollo un mezzo coppino sulla nuca a ridere. Lui che non parla, ma scemo non é,
mangia la foglia e se lo fa fare menta e cioccolato da due euro. “Bella
mossa giovine!” Rido e mi sorride pure lui, ma sfuggente. Non ha l’aria di
volersi fidare molto di un adulto. L’altra cameriera superformosa e tatuata mi
fa presente che questi non si accontentano mai. Manco la guardo. Mi siedo, bevo
il the che lui é già scappato intimorito, coi suoi occhi da gazzella. E non
riesco a non pensare a quale barcone sarà stato benedetto da molto in alto per
portare i suoi occhi, le ciabatte rotte e la voglia di gelato solo menta da
bambino di dieci anni fin qui. O un container, oppure un tir.
Al bancone la gelataia mi dice: “Ti ha ringraziato? Visto? Manco ti
ringraziano”.
“Ma guarda che non volevo essere ringraziato…”
“Vabbe..i modi…che insistono…danno fastidio” biascica idiotaggini
senza logica.
“E poi manca parla italiano come pensi potesse ringraziarmi?”
“…”
“Ha avuto il suo gelato. Fine. Mò ti do i due euro”

Ed eccolo qui John Wayne. Al tavolo con il the finito e un groppo alla gola
infinito.
Ma quando ci siamo ridotti così? Quando? E perché? Quando abbiamo superato la
linea?
Un bambino può diventare “questi” ed é normale? E c’è pure una claque
a fare l’applauso se tratti a pesci in faccia un ragazzino?
Ma come diavolo é possibile? Dio che paura. Che paura di noi. Chi ci salverà da
noi stessi?
Mi torna in mente allora una lettera scritta a un giornale, da una mamma, su
episodio capitatole con il figlio mentre lo guardava giocare a calcio con altri
bambini al parco, e che mi consola ogni volta.
Un ragazzino nero del gruppetto di amici é particolarmente talentuoso, ma é
nuovo e nessuno lo conosce. Suo figlio,mentre corre alla panchina per togliersi
la felpa le dice: “Hai visto quanto é bravo quel bambino là mamma?”
E lei: “quale?”
“Quello con la maglietta rossa”.

Ecco.
E speriamo bene.

P.s.
Così a naso, mi sbaglierò, ma non credo che la mamma in questione possa essere
una delle due simpatiche bariste.