Loc. Le Balze, Verghereto (FC), 05 Settembre 2020
1ª Tappa Oltre Tevere: Le Balze – Valsavignone
Inutile girarci intorno. La pratica del disegnare un cammino, si nutre di casualità. E non poco. È un evidenziatore capace di sottolineare gli aspetti legati al destino d’ognuno.
Non casuale il trovarsi a un bivio. Ed è forse la gioia più grande dell’esplorare.
Difficile l’indifferenza alla predestinazione.
Claudia dice -A me piacerebbe lo stesso-
Andrea – A me pure. E poi sai che foto? –
E imbocchiamo il nostro bivio. Lo sappiamo dall’inizio, il sentiero che abbiamo annusato fra i calanchi sopra Colrio rischia di essere crollato, vecchio sulle mappe. Di sicuro mangiato dalla vegetazione. In paese ce lo confermano, ma ci proviamo lo stesso. Non abbiamo dubbi. In un attimo adoro i nuovi compagni di viaggio, naturalmente aperti all’avventura costi quel che costi. Anche qualche chilometro in più. Per nulla scontato.
E non c’è verso, non si passa. Tocca tornare indietro. Il bosso punge, l’ortica urtica, i rovi che graffiano sotto la maglietta, legano i piedi.
E Maurizio è lì che ci aspetta. Vicino al trattore, al bordo del suo campo, vestito di mimetico, toni sabbia sotto e sopra la cintura. Puntuale per un appuntamento che non ci siamo dati.
Barba grigia da Carlo Marx. Occhialini di metallo leggero per riparare due occhi azzurri, di una bellezza che sanno mettere a disagio. Ci parla e tradisce del veneto. – Di Padova – dice.
-Ho girato tutto il mondo – Ingegnere delle telecomunicazioni che poi ha deciso di comunicare di meno per scegliere una porzione di disparte, curare la terra che vuole curare, e pensare ai suoi animali.
-Io e la mia compagna abbiamo deciso di cambiare vita. Di fermarci qui-
Un podere sperduto dove imbastire anche progetti di valore sociale. L’utilizzo delle pratiche agricole per il reinserimento sociale, il recupero. O anche soltanto per persone che abbiano bisogno di fermarsi a tirare il fiato.
Esperto di rapaci non nega qualche posa mentre ci presenta il suo gufo delle nevi di tre mesi. Timido, incantevole. Ruota la testa e si nasconde nella barba di Maurizio che conquista la cima del mio gotha privato degli idoli.
– Poi lei mi ha lasciato – dice. Sta zitto un attimo – Mi ha lasciato definitivamente, per capirci –
Come sempre con chi mette a nudo il proprio dolore con onestà, non so dove guardare, ma poi vedo che per Andrea e Claudia è lo stesso. Un groppo mi stringe la gola. Balbetto qualche cazzata sulla forza e il coraggio. C’è da chiedersi perché tocchi soffrire dolori enormi anche alle persone più buone e gentili. Anche se è una domanda priva di significato.
Con garbo Maurizio ci leva di impaccio, come se volesse tranquillizzarci – Comunque lei è sempre qui con me- poi si guarda le mani -Sono le mani che sono rimaste soltanto due e sono poche per tutto questo-
Intorno il mondo dorme intontito di caldo torrido, la luce ci fa stringere gli occhi nel verde prepotente delle colline. Maurizio riporta all’ombra del podere il cucciolo di gufo.
Noi camminiamo, penso, e lui si è fermato.
Mi fa sempre bene confrontarmi con l’altra parte dell’eterna erranza.
La parte ferma.
Maurizio, il podere, sono un punto preciso del cosmo, un luogo di ritorno. Forse sono il significato del ritornare stesso. Ogni giorno un raggio di polvere si muove dalle stelle e attraversa spazi inimmaginabili per venire a trovarlo, per sussurrargli che sta lavorando bene. Di essere sereno, di occuparsi dei suoi falchi, e che quella è casa. Che é giusto così.
-La volete una birra- mi chiede mentre riempio la borraccia.
Purtroppo dobbiamo andare. Ma torneremo di sicuro.