Zocca (MO) 19 Giugno 2019
Da Vergato a Zocca per 18 Km
A Vergato ci si entra ed esce per sentieri. Come una volta. Una specie di oasi al contrario fatta di rumore, per quanto sia incredibile a dirsi.
Si passa dal silenzio dell’appennino al silenzio dell’appennino usando un arco sonoro come ponte sul fiume Reno.
È il novecento ad aver imposto il dover fare conti con il rumore. Uno degli stravolgimenti più traumatici e su vasta scala a cui l’umanità abbia partecipato è quello del paesaggio sonoro. E fra i meno ricordati. Lo spiega bene Stefano Pivato nel suo bel saggio che non a caso si intitola “Novecento, il secolo del rumore”. Le fabbriche, i mezzi a vapore e poi i motori a scoppio. La bicicletta, il treno il tram. Un’automobile ciascuno. I balli saltati, le quadriglie, cedono lentamente il passo ai balli strisciati. Ai valzer. E per i ricchi, nasce il parquet. Senza contare la prima grande guerra. Le mine, le raffiche di mitragliatrici. Gli aeroplani. La radio e il telefono, voci che da lontano giungono come sconosciute all’orecchio dei fanti contadini. Nella vita civile arriva poi il comizio politico di piazza, il megafono. Gli altoparlanti. E se le classi operaie preferiscono le osterie e le pergole per spendere le paghe, la classe borghese quasi fugge, si nasconde a chiacchierare nei bar e nei ristoranti. Il silenzio si fa lusso fino ad imporsi come status symbol. Necessità di buen ritiro, lontano dalla nevrosi del rumore. La villa in campagna, la villeggiatura. Il turismo lontano dagli affollati percorsi di massa.
Scopro come oggi in realtà il silenzio sia assolutamente a portata di mano. Basta volerlo e bastano un paio di scarpe e gambe buone. Di Italia minore silenziosa, non ne manca di certo.
E deve essere il motivo per il quale incontro sempre più viaggiatori solitari sui sentieri che inseguono soltanto il filo lungo dei propri pensieri.
Se il silenzio è un bene di lusso, allora è uno dei pochi beni di lusso da considerarsi di tutti, libero e trasversale per genere, età e condizione sociale. Sempre che si tratti di una scelta libera e non di un’imposizione. Esattamente come per la solitudine. In quel caso altrimenti si tratterebbe di condanne.