Vignola (MO) 21 Giugno 2019
Da Vignola a Modena per 26 Km
Da Zocca si inizia a perdere quota e si effettua una virata base con prua nord. Poi l’avvicinamento finale alla pista abbassando il carrello. Già troppo bassi e lontani per vedere le Alpi, ma giusti giusti per intuire squarci di Val Padana che si offrono rassicuranti o inquietanti di tra le ultime alture. A seconda di come uno sia disposto a viversi la cosa. A me pare un cane accucciato che muove appena la coda, laggiù in secondo piano, pronto a scattare e a fare il suo se necessario.
Di sicuro Vignola, in basso lungo il fiume Panaro, rappresenta in questo momento l’ “ok, fin qui tutto bene”. Appennini superati con successo pare, che erano la prima prova per gambe e fiato, per piedi e caviglie, per schiena e zaino. Calanchi lunari alla fine, per conquistarla. La seconda prova sarà invece questa piana alluvionale di quasi 48 mila kmq che promette del cristologico nei prossimi giorni. Roba da deserto e esodo in salsa emiliano-veneta. Con temperature da Taklamakan. Se gli Appennini sono la spina dorsale, la val Padana si sente ventre piatto del paese. Gli addominali da mantenere allenati che sennò vanno in vacca in un amen. E Vignola allora è un tessuto connettivo. Un breve sahel come terra di mezzo pedemontana popolata da istanze e modi diversi di intendere la vita. Dove storicamente ci si incontra e scontra e a volte ci si mischia. Per interesse o per amore. Se in Appennino anima e scarpe le devi trascinare in salita e non farle ruzzolare in discesa, in piana devi stare attento a non perdere l’orientamento o nel caso, a gestire come si deve la velocità -ogni velocità- che può essere pericolosa senza l’ausilio di barriere naturali. (Discendendo la penisola è qui che gli eserciti sbattevano il muso e rallentavano il passo dopo le loro corse inebrianti in piano). Mi chiedo Marcello e Valeria che radici abbiano, a che genti appartengano. Se dall’alto o dal basso. 24 anni lui, 21 lei. Mi fanno compagnia a notte fonda nel mezzo della piazza medievale sotto il castello, visto che sono rimasto senza rifugio, e alla loro età tirare tardi è fatto impegno improrogabile. Quale occasione migliore di un pirla con zaino e bastone che si aggira ramingo per il centro, soprattutto a Vignola dove non succede mai un cazzo di niente e si vede. Mentre loro scalpitano e bruciano. Marcello è quello che si direbbe un antagonista. Felpa, cappellino e tutto l’armamentario ideologico da centro sociale. Vive malissimo la politica locale e fatica a trovare confronto con i coetanei che considera per lo più dei decerebrati fighetti. “Tutti ricchi” dice. Trova però conforto ricambiato in Valeria che con la sua frangetta rosso fuoco sotto i dread, la manciata di piercing buttati in faccia e le scarpe abnormi, sembra scappata da un rave fuori tempo massimo. Stanno insieme da due anni dice lui con le dita. Valeria vuole dei figli, lui non ci pensa proprio. Dice “voglio fare come te, fino ai quaranta niente figli e starmene in giro”. Il che mi lusinga pure, per carità, ma a poter scegliere preferirei essere ricordato per altre gesta che non siano il vagabondaggio. Anyway. Allora gioco facile, alzo il tiro con il G8 di Genova 2001 che ormai è leggenda. Lui si galvanizza, io mi compiaccio. Tutti contenti. Valeria sa tutto di segni zodiacali e mi fa il terzo grado. Spiega di non avere grandi ambizioni. “Un lavoro normale, qualunque. Una vita normale”. Stellina, mi stringe il cuore. Le dico: “La conoscete la canzone di Dalla, no?”. Muti. “Ma l’impresa eccezionale dammi retta, è essere normale!” No, macchè, mai sentito. Manco gli parlassi di Claudio Villa per dio. Ma non me la fanno pesare. “Però so di avere un caratteraccio” continua lei. Di essere la vera irosa, l’attaccabrighe fra i due ed è come si scusasse. Allora Marcello, alle tre del mattino, con un voce piumata le dice: “Ma no, no. Non è vero” e le afferra la mano con una dolcezza e una grazia che vorrei tanto che si potesse insegnare e imparare. Non credo se ne accorgano, ma vale tutta la serata passata insieme. Gesto di monte e di pianura al contempo. Fa lo stesso. Ci salutiamo con degli abbracci che è quasi giorno. Quando sono già lontani mi accorgo di non avergli nemmeno chiesto una fotografia.