Nervesa (TV), 30 Giugno 2019
Da Vedelago a Nervesa della battaglia per 25 km
Questa notte ho sognato Emiliano.
Lo vedevo da lontano, allargava le braccia e ci abbracciavamo da vecchi amici. Poi il suo di abbraccio, da amicale diventava paterno. Che ci fai qui maledetto ciccione? gli dicevo nel mentre che mi faceva appoggiare la testa sulla spalla e mi accarezzava i capelli.
Dicevano tutti che eri morto.
Difficile sognare dei profumi, almeno per me, però il suo maglione di stanotte era un trionfo e così mi spiegava di aver usato il celebre ammorbidente per capi colorati. (Sì, quello dell’orsetto psicokiller)
E poi mi sussurrava “Ma adesso stai tranquillo, andrà tutto bene. Andrà tutto bene”.
Al risveglio, saranno le carezze, le sue parole, oppure il profumo dell’orsetto semi ritardato, mi ritrovo con corpo, anima e mente allineati su un piano di beatitudine unica e definitiva.
Che bel regalo, penso, grazie.
Per tutto il giorno Emiliano mi accompagna, sgattaiola in testa veloce come uno spiffero d’aria da sotto la finestra. Senza poterlo fermare.
Vivo un senso di colpa evidente. In questi giorni c’è stata l’inaugurazione della sua mostra a Roma e io non c’ero, come non ho potuto esserci al suo funerale, in balia delle più stupide contingenze avverse di fottute compagnie aeree nordeuropee.
E così la lucidità del reale riesce ad infilarsi in un campo che proprio non le compete: il sogno, il subconscio, dove valgono altre regole che quelle della logica. Maledetta. Soverchia e trasforma l’onirica beatitudine in inquietudine terrena: Emiliano sarà arrabbiato con me? Forse deluso? Si tratta di una premonizione funesta? Come devo interpretare questo “Andrà tutto bene” che arriva dal regno delle ombre detto da un amico che non c’è più?
Mi vengono gli strizzoni al basso ventre.
Ma si parla di una persona cara. E sono in cammino. Qualunque cosa sarà, andrà tutto bene…
Come la giri e la giri, è ok. Mi tranquillizzo.
Non resta che invitarlo a fermarsi allora. Farsi accompagnare da un ospite gradito e inatteso.
Ricordi, momenti e parole. Risate, soprattutto.
Lasciare che le mappe di due mondi, quella del prima e quella del dopo, si sovrappongano, fondano i propri livelli di esistenza per coesistere.
Perché quando si viaggia a piedi da soli, in realtà, non si è mai soli.
Qualcuno parlerebbe di angeli, ma io sono troppo ateo.
Si tratta più di sussurri portati dal vento, chissà da dove. Lampi di luce.
Gianmaria, mi spiega che la poesia, le canzoni, non necessitano di parole complicate.
Antonio mi guarda e ride come un matto. Parla sempre di donne.
Gaia, ha la voce profonda e calda mentre racconta del libro che sta leggendo e mi osserva con il suo sguardo di un altro pianeta.
Bruno mangia gamberi alla griglia mentre discorre di Himalaya o di Turchia.
Mentre cammino, loro parlano e parlano, io li ascolto e ascolto.
Ora Emiliano parla del Chianti Gallo Nero che dobbiamo berci insieme.