Siena, domenica 06 Luglio 2014
XII Tappa: Ponte d’Arbia- Siena, 26 km
Il camminare prevede dei gesti. In genere molto semplici ma da riscoprire.
Chiedere informazione a un contadino arrossato con il rastrello in mano. Far
fischiare un filo d’erba senza riuscirci. Mangiare more prese lungo il sentiero
che puntualmente sono acerbe e ci sarà un motivo se sono ancora lì.
Di mezzo questioni muscolari, volontarie e involontarie. Fiato mio non
spezzarti, gamba resisti e cammina.
Camminare prevede un percorso fatto di piedi e di tanta testa, ma sopratutto
fatto di cuore.
E ci sono gesti del cuore, per provare a buttarlo ogni passo più in là, per se
stessi o con gli altri.
Si incontrano gli amici. Quelli vecchi che stringi forte e quelli nuovi che
stringi forte uguale.
Io e Roberta ci incontriamo sul Ponte d’Arbia. Sembra quasi uno scambio di
prigionieri. Io vestito da feldmaresciallo con i guanti lucidi neri e lei a
masticare una sigaretta storta con una stella bianca sull’elmo. O viceversa. E
invece mi viene incontro con movenze garbate, rare. Anche se veloci, fuori dal
comune.
É compagna di università di un caro amico comune che vive a Roma, e si é
offerta di darmi riparo una notte. Ed é così che salto in macchina e mi fa pure
uno strano effetto correre a ben 70km/h. (Ovvio, mi riporterà esattamente dove
mi ha preso per ricominciare il cammino. “Lo so, i pellegrini sono sempre
molto intransigenti su questo” commenta).
Dieci minuti dopo sono a chiacchierare con i genitori in salotto, del viaggio,
di me, di loro. Mi aprono la loro casa come se fossi un figlio finalmente
ritornato. Il babbo é un uomo piccolo di statura ma ben piazzato, chiacchierone
e casinista, che sprizza intelligenza e vivacità ad ogni mossa. La mamma, é
l’animo pacato del gruppo, ordinata e timida, a cena mi ricopre di attenzioni.
Sarà lei a girare e stendere il bucato per il verso giusto perché non si
stringa e farmelo poi trovare piegato sul letto. Gesti del cuore appunto.
Roberta non può che essere la summa di simpatia, voglia di vivere, modi gentili
e grande generosità. In corporatura minuta e con lunghi capelli lisci castani.
La rincontrerò la sera dopo a Siena dove mi invita a una cena di amici. Conosco
così Lalli, Elena, Michele, Diego e il fidanzato di Roberta, Luigi. La casa é
elegante ma senza intimorire. In sala una copia pregevole di un Raffaello mi
incanta. La madre di Lalli l’ha ritrovato da un robivecchi ricoperto di
sporcizia, mi spiega, ed é stata una vera fortuna salvarlo. La cornice, forse,
é ancora più bella.
Io dopo 25 km sotto il sole e i miei capelli da punk anni ‘80 sembro uno
spacciatore di crack, più che un camminante, anche se cerco di fare il
disinvolto e smetterla un po’ con la mia solita timidezza. In ogni caso non ce
ne sarà bisogno perché la compagnia é di quelle da ammazzassi di risate.
Sono tutti compagni di studi, Storia a Siena o Modena, tranne Elena curatrice
di eventi culturali. Appassionati di cucina, sfornano meraviglie una in fila
all’altra. I gnocchi di patate sono commoventi. Fra un bicchiere e l’altro
finiamo si finisce a cazzarare su alcune ricostruzioni storiche per la tv che
anelano ad essere documentario, ma che sembrano sempre sceneggiati, molto più
interessati alla storia dei baffi di Hitler che ai documenti sulla Shoah.
“Sì, ma almeno, visti a scuola possono sperare di appassionare qualcuno
all’argomento” dice qualcuno. “Ma non hanno valenza né robustezza
storica o documentale” dice l’altro. E via così.
Il tavolo é spaccato e non se ne viene fuori. C’è un’ala
accademico-intransigente, e una fiction-possibilista, come sempre. Vinceranno i
moderati con un fulminate: “Tu ti diverti con Rai Storia solo perché non
c’hai Sky!”
Rotolo sotto il tavolo.
Camminare con il cuore, si. Vecchi e nuovi amici, si.
E poi ridere, ridere e ridere, più che se ne ha. E scopro che é un altro di
quei semplici gesti da riscoprire.